LA MAGIA DI ARAQUA’

Il titolare del negozio era un tipo smilzo con la barba grigia, era impossibile attribuirgli un’età ma di certo era sopra la cinquantina ed aveva un aspetto  attraente quanto poco cordiale. Era sempre serio anche quando le risposte erano gentili . Mai affettato,  era continuamente intento a trafficare attorno a qualcosa, aggiustare un orologio,  pulire una vecchia radio, o lucidare qualche ottone. Quando entrai alzò appena gli occhi sopra il bancone per accertarsi della mia presenza.

“Buongiorno”  mi disse, e anche quella volta non sorrise.

“Posso dare un’occhiata?”

“Prego siamo qui per questo”  rispose soffiando sulla bambolina di  un vecchio carillon arruginito.

Abbozzai un mezzo sorriso e guardai  verso l’alto. Dal soffitto pendevano appesi ad una corda grezza, un abito da sposa antico, una coperta di pizzo bianco lavorato a mano, degli abiti tirolesi, delle lunghe collane e dei guanti di raso color panna dal pelo morbido attorno ai polsi e leggermente impolverati. Ero stupita  dalla quantità di oggetti  così diversi tra loro che coesistevano con una naturalezza inusuale rispetto ad ogni casa o negozio che mai avessi visto prima.

“ E queste cosa sono?” chiesi indicando dei bastoncini di legno chiaro intarsiati  a mano.

“Bacchette magiche”  era evidente dal suo tono che quel carillon non voleva saperne di girare.

Inarcai le sopracciglia incredula. Ne avevo sempre desiderata una da bambina. Qualcosa che facesse esaudire i miei desideri… o che mi rendesse capace di volare… Mi misi a ridere.   Chi diavolo compra una bacchetta magica oggi?  Cosa potrei chiedere se avessi la facoltà di far accadere le cose?    Il sorriso mi si spense sulle labbra pensando a Giorgio… non lo avevo più visto da quando era partito per l’università a Milano…  avevo saputo che si era laureato ed era diventato medico… Il nostro era stato un feeling intenso quanto incompiuto. Lo avevo conosciuto la settimana prima della sua partenza.

“Ma si, è un oggetto simpatico” dissi rivolgendomi al gestore.  Ne ricavai un sorriso piatto ed un sacchettino di plastica ecologica riutilizzabile con dentro la mia bacchetta magica  in cambio di 20 euro. Quando uscii dal negozio mi sentii proprio una sciocca.   Tra tutte le cose che avrei potuto comprare, prima fra tutte quella collana a sfumature di verde avevo acquistato l’ennesimo oggetto inutile da mettere nel cassetto della mia camera.

Uscii ed una folata di vento mi colpì in pieno viso scompigliandomi i capelli, il cappello di feltro si staccò dalla testa volando in aria, mi girai di scatto per afferrarlo inciampando sul gradino antistante il negozio, persi l’equilibrio e mi sentii cadere verso il basso. Una  forte stretta fermò la mia caduta.  Mi staccai da quell’abbraccio estraneo imbarazzata,   avevo sentito la bacchetta cadere e cercando di individuarla a terra, balbettai qualche parola di scusa per l’accaduto senza staccare lo sguardo dalla strada…

“Marina ma sei proprio tu?”

Quando mi sentii chiamare per nome, sgranai gli occhi per lo stupore. Era Giorgio che mi stava fissando sbigottito almeno quanto me.

“Ma cosa ci fai qua? Non eri a Milano?”  farfugliai.

“Sono tornato per lavoro. Sono stato assunto per un anno in una clinica qui a Trieste. Forse la conosci… si chiama…”   E mentre mi raccontava i dettagli del nuovo impiego e mi invitava a bere un caffè  pensai che il tutto non era  che  un’assurda coincidenza e  mi girai verso la vetrina di Araquà.  Nascosto dagli innumerevoli oggetti appesi, Intravidi la sagoma del proprietario che mi stava fissando dietro ai vetri con il suo sorriso piatto come una sfinge e mi strinsi nel cappotto con un brivido.

 

LA MAGIA DEL PASSATO…

Quando entrai nel negozio, il legno scricchiolò e mi sembrò volesse avvisare tutti i presenti del mio passaggio.  Avevo già sentito parlare di Araqua’ ma non c’ero mai stato prima. Avevo sentito diverse storie sul negozio e sulla sua magia ma non mi sono mai piaciuti gli sbalordimenti facili. La mia attenzione fu attratta immediatamente dal vecchio giradischi che stava suonando una canzone di Billie Holiday. La puntina accompagnava con un ticchettio sconnesso i solchi del vinile dal vivo della cantante e l’atmosfera polverosa sembrò riportarmi indietro nel tempo.

Presi in mano un disco tra i tanti vinili allineati  nelle cassette di verdura adibite a scaffali . Benny Goodman sembrò salutarmi  con il suo sorriso simpatico tra il papillon ed il clarinetto. Guardai il cassiere e tesi il disco..

“Prendo questo… “ dissi…

“Mi dispiace” rispose..con voce distratta ma gentile  “quei dischi sono tutti prenotati…”

“Oh .. capisco”,

riposi il disco nello scaffale di fortuna e volsi lo sguardo alle centinaia di cose appoggiate ovunque.. avrei voluto acquistare qualcosa ma non sapevo cosa… avrei voluto portare con me quella magia del tempo passato…  così me ne uscii intimidito dalla quantità di oggetti e frastornato dalla sensazione di lasciare qualcosa di particolare, un sentire ovattato …

Mi accadde proprio quella sera di uscire dal cinema posto all’angolo dello stesso stabile del negozio dove ero stato nel pomeriggio.

Era appena finita l’ultima rappresentazione di un film abbastanza noioso, e allungai di qualche metro il percorso per arrivare alla macchina, proprio per passare davanti alla vetrina di Araqua’. Il negozio non era illuminato all’interno ma vi filtrava la luce del lampione della strada, evidenziando i contorni e le ombre degli oggetti.

Accarezzai con lo sguardo le bambole di ceramica, le bottiglie e le tazze in ceramica… “Domani acquisto quel cappello Borsalino”  pensai e girai le spalle per andarmene quando vidi un’ombra scendere le scale.. “Che ci fa il titolare al buio?, Forse è saltata la luce..”

Vidi l’ombra nel buio portare alla bocca un clarinetto, distinsi le forma dell’uomo in frac e papillon e smisi di respirare. Saltai sulla grata del negozio per vedere meglio, feci rumore e l’ombra si girò verso di me smettendo di suonare.

Sgranai gli occhi, ero certo di avere visto Benny sorridermi come nella copertina del disco. Fu un attimo irripetibile, cercai di allungare la mano attraverso la grata… ma ogni cosa era svanita… Rimasi là  con il cuore che batteva all’impazzata…  Quando mi calmai, riguardai il vecchio giradischi fermo ed ogni cosa mi parve immobile.

(Araquà il Mercatino dell’usato)